Garzanti
Milano, 2009, pagine 548
Oblomov è un’anima limpida e pura, il suo cuore è onesto e generoso; è un uomo completamente privo di senso pratico, è poetico, estremamente sensibile, indolente e contemplativo; lo torturano le preoccupazioni di ogni tipo, è terrorizzato dalla prospettiva di qualsiasi attività, è pigro.
Attratto dalle persone autentiche, non ama le convenzioni e gli artifici che regolano le relazioni negli incontri mondani: ama la libertà di potersene stare tutto il giorno sdraiato sul suo divano con le calze spaiate e la vestaglia al rovescio.
Oblomov è tollerante verso tutti e verso tutti fiducioso fino all’ingenuità. Di un’intelligenza non comune, è però talmente indifferente ai suoi interessi che chiunque potrebbe approfittarsene e se non fosse per il suo caro amico tedesco Stolz non sarebbe sopravvissuto alla cupidigia degli avidi.
“Dov’è l’uomo?” Si chiederà spesso Oblomov, all’inizio del racconto, osservando quelli che si disperdono in mille faccende e infiniti progetti; “Sciagurati!” penserà di loro, come se fosse un delitto non prendersi il tempo necessario per guardarsi e cogliere l’uomo.
Tutti ameranno Oblomov, tutti saranno in qualche modo toccati dal sacrificio di sé che compirà, suo malgrado, per essere testimonianza di pace e onestà.
Comprendo che ogni buon fannullone che si rispetti possa farsi demoralizzare dalla mole del romanzo, ma con la dovuta calma e le necessarie pause, il libro può rivelarsi veramente appassionante, riuscendo a trascinare senza fatica il lettore fino alla fine.
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